Cos’è il liberalismo

Il liberalismo è spesso considerata la dottrina secondo cui ogni individuo ha diritto di fare ciò che vuole con ciò che ha, pagando le conseguenze dei propri fallimenti e traendo vantaggio dai propri successi, nei limiti imposti dal rispetto dagli analoghi diritti di tutti gli uomini. Molti dei dibattiti tra i liberali riguardano l’entità di questi limiti, o meglio la quantità di eccezioni alla regola che è possibile – per necessità pratiche o per eclettismo etico – accettare senza distruggere la possibilità stessa del liberalismo.

Il totale fallimento del liberalismo nel XX secolo ha prodotto alcune forme particolarmente pure – o, se non si vuole usare un tale eufemismo, estreme – di liberalismo, in cui tali diritti sono stati formulati in maniera apodittica e rigida e dalla loro letterale applicazione è discesa la necessità di abolire lo stato e introdurre un sistema politico anarchico basato sul modello del libero mercato. Pur per molti aspetti estremamente naive, questa visione particolarmente pura di liberalismo ha un suo fascino, e soprattutto molto da insegnare in termini di analisi dei concetti del politico: al giorno d’oggi, però, data l’onnipotenza degli stati e la sconfitta ormai vecchia un secolo del liberalismo, fare queste distinzioni è un po’ come chiedersi se è meglio avere venti anni o venticinque, quando si è già ormai sul letto di morte.

Può aver senso quindi vedere il liberalismo in termini diversi. Propongo come criterio la dicotomia tra coordinazione e subordinazione: i simboli di questa dicotomia sono il mercato e l’esercito.

Le persone sul mercato comprano e vendono, e generano ordine sociale in base ai loro interessi, condizionati dagli interessi dagli altri agenti: il mercato è il caso esemplare del liberalismo in quanto l’ordine non viene imposto dall’alto, ma è generato dall’interazione tra individui, nel tentativo di perseguire i propri interessi.

L’archetipo dell’opposto del liberalismo è l’esercito, dove lo stato maggiore ordina dall’alto ciò che deve essere fatto, e tutta la catena di comando sottostante non deve fare altro che obbedire: l’esercito è la negazione del liberalismo perché soltanto i valori e gli obiettivi di chi comanda sono rilevanti, e tutto ciò che si chiede al resto della società è impegnarsi a realizzare queste finalità, e, se solo i soldati potessero permettersi di non pensare, è implicita in una tale visione del mondo che l’unico dovere sociale degli individui sia l’obbedienza.

La dicotomia tra coordinazione e subordinazione è incarnata da diverse dicotomie che caratterizzano diversi ambiti del pensiero politico.

La legislazione è una forma di subordinazione, e il giuspositivismo è l’equivalente giuridico del militarismo, al contrario, il diritto naturale, il diritto dei giuristi e il diritto comune sono considerati archetipi – più o meno riusciti – della visione coordinativa della vita giuridica.

La politica democratica, in cui un tratto di penna su una scheda sembra essere l’unico diritto e l’unico dovere del cittadino, e dove non c’è ambito della vita sociale che non è influenzato, o perlomeno influenzabile, dalla politica, è un esempio di subordinazione: la politica dei corpi intermedi, dell’agire sociale, della formazione spontanea di gruppi, della volontarietà e della responsabilità personali è l’equivalente politico della visione coordinativa della società.

La pianificazione economica socialista è l’equivalente economico del subordinativismo, mentre il libero mercato lo è del coordinativismo.

L’amministrazione centrale contro il federalismo, la burocrazia contro l’azione imprenditoriale, la scelta collettiva contro la scelta individuale, l’impero contro il balance of power: tutte queste distinzioni polari derivano dalla stessa visione della società.

Nella neolingua politica moderna, è impossibile pensare il liberalismo: mancano non solo gli strumenti concettuali, ma addirittura le parole.

Il liberalismo vede la società come uomini che interagiscono e aggiustano le loro azioni in modo da generare ordine sociale. I non-liberali vedono la società come una scacchiera in cui i pezzi sono mossi dall’alto per finalità decise dall’alto.

La democrazia è liberale quando si limita a imporre che le scelte collettive siano prese, nei limiti (molto stringenti) del possibile, da tutti. È non-liberale, o se si vuole totalitaria, quando cerca di inglobare dentro di sé tutta la vita sociale. La democrazia illiberale è un esercito in cui i soldati scelgono i propri comandanti: le elezioni, però, non possono modificare l’essenza di un’organizzazione intrinsecamente gerarchica e collettivizzata.

È improbabile che la visione liberale possa essere realizzata nella sua forma più pura, che implica logicamente l’anarchia: è verosimile che alcuni problemi siano endemici in una società costruita su questo principio in forma non-adulterata, ed è concepibile che una tale società non possa nemmeno esistere (come avrebbe argomentato Hobbes nel Leviatano). Sicuramente ci sono condizioni morali, culturali e sociologiche necessarie per rendere possibile la realizzazione di una tale visione della società, che pur in forma impura è esistita soltanto nell’Olanda, nella Gran Bretagna e negli Stati Uniti liberali, è stata adottata in piccole dosi in tutte le democrazie di successo moderne, e probabilmente aveva basi, prima dell’epoca moderna, in alcune società primitive e in certe strutture politiche medievali.

Il problema odierno non è che non è possibile (o forse lo è) il liberalismo puro: il problema è che non riusciamo neanche ad avvicinarci un minimo. Non abbiamo un briciolo di libertà in più di quanto ne serva alle elite che ci governano per non distruggere le società da cui traggono, molto raramente dando qualcosa in cambio, sostentamento (ammesso che l’enorme potere e le enormi risorse di cui godono le elite possano essere senza rendersi ridicoli chiamate sostentamento: sarebbe meglio chiamarle bottino).

Il liberalismo è l’ordine sociale in assenza di monopolio. Nessuno avrebbe mai pensato una cosa tanto folle se non si fosse notato, ormai tre secoli or sono, che il mercato funzionava senza un dittatore sociale al di sopra di esso. L’idea discende quindi da osservazioni storiche – per certi versi forse un po’ romanzate – e non dai sogni di visionari privi di esperienza, come la democrazia socialista. Ciononostante, l’idea sembra ormai essere stata accantonata, più o meno definitivamente. La visione antropomorfica della società come un organo con una sola testa e innumerevoli braccia richiede uno sforzo concettuale decisamente inferiore, del resto.

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10 risposte a Cos’è il liberalismo

  1. Domenico.M ha detto:

    Innanzi tutto complimenti, leggo questo blog da mesi ma solo ora ho sconfitto la pigrizia e fatto un account su splinder.

    Questo post è senz'altro magistrale sia per chiarezza di concetti sia per moderazione, molto importante in un ambiente come quello libertario che sfiora spesso in estremismi assolutamente non giustificati.

    Per curiosità c'è un qualcosa di Pareto nel tuo modo di pensare il liberalismo?

    Saluti

     

    Domenico.

  2. Libertarian ha detto:

    Di Pareto non ho mai letto nulla, ma sicuramente c'è – almeno a livello di nozioni trovate su manuali. Degli elitisti ho letto solo Mosca, e ho trovato ampi riferimenti in altri autori quali Bryan Caplan. L'elitismo è odiato dagli autori democratici e quindi si impara qualcosa su di esso leggendo questi ultimi.Diciamo che distinguerei un elitismo normativo (Le elite devono governare perché sono migliori) da un positivo (Il potere ce lo hanno sempre le elite). Caplan degenera nel primo, a me interessa solo il secondo come mera rappresentazione del reale.Probabilmente – da quel che ho letto – Pareto era più estremista (o semplicemente pessimista) di me a riguardo. Io considero che il potere ha due limiti: i limiti interni (se esagero distruggo la società da cui traggo rendite e mi impoversico) e limiti esterni (potere limitato da…).Pareto credeva che solo i limiti interni fossero efficaci: il potere si fermava solo quando l'elite al potere capiva che era meglio fermarsi, per il proprio interesse.Io considero limitatamente efficaci anche i limiti esterni, che nel liberalismo sono stati effettivamente efficaci, e ora lo sono di meno: costituzioni, federalismo, libertà economica, diritto consuetudinario. Oggi i limiti esterni sono le elezioni e i principi dello stato di diritto e della libertà di stampa. Sono i secondi a rendere le democrazie vivibili… sull'efficacia dei primi ho serissimi dubbi.

  3. Libertarian ha detto:

    Comunque grazie per i complimenti. E' la prima volta che mi danno del moderato. 🙂

  4. Domenico.M ha detto:

    Per "moderato" intendo all'interno del dibattito libertario che vedo ogni giorno diventare più "leftist" nel nostro paese, in particolare mi piace il tuo realismo in politica estera, con una visione logica ed equilibrata su Israele e le giuste critiche a RP, poi ovvio che con queste tesi espresse nell'attuale dibattito politico Italiano minimo minimo ti danno del fascista (e ogni volta a spiegargli che il fascismo è quanto di più lontano dal tuo pensiero, ma credo che sia un teatrino che conosci già…)Riguardo agli elitisti trovo Pareto molto interessante mentre mosca l'ho conosciuto solo tramite i lavori di Lottieri, a mio parere non sono assolutamente incompatibili con il pensiero libertario perchè il dominio delle elite non è il cardine della loro ideologia, si limitano a descrivere la realtà, mentre riguardo a Pareto anche io credo, e soprattutto spero, che sia possibile un limite interno, ma la storia da fin'ora ragione all'economista Torinese.

    In particolare penso che nel breve periodo stanti condizioni del tutto particolari il limite possa, almeno in parte, reggere, ma nel lungo periodo il potere delle elite si è sempre imposto proprio a causa del funzionamento perverso dei meccanismi di scelta collettiva che ho visto ben analizzato su questo blog.Comunque l'estremismo di Pareto peggiora di opera in opera, anzi all'inizio è addirittura in parte idealista, e visto che il pensiero della maggior parte degli autori libertari ha questo corso temo che le speranze potrebbero esser solo delle illusioni giovanili, mentre la realtà è che più del "residuo nockiano" i libertari non potranno mai fare.

  5. Libertarian ha detto:

    Il principio fondamentale della politica è che a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca (Andreotti).

  6. PatriziaBro ha detto:

    Liberismo, comunismo, capitalismo.Tutti funzionano sulla carta.Nella realta´tutti falliscono allo stesso modo: perche´diventano umani, e rispecchiano la societa´creata dagli uomini che NON sono generosi, NON sono altruisti, NON sono onesti, NON amano lavorare, NON amano seguire regole.In poche parole gli uomini sono semplicemente e irrimidiabilmente esseri umani.Nel liberismo ci sara´chi trovera´l´opportunita´di trsformare la liberta´in licenza, nel comunismo si trovera´chi avra´modo di servirsi dei poteri di un governo centrale per comandare dispoticamente, nel capitalismo si trovera´chi trovera´il modo di fregare e rubare.Non si puo´costruire una societa´perfetta in un mondo di individui imperfetti.

  7. Libertarian ha detto:

    E chi vuole la società perfetta?

  8. z3ruel ha detto:

    Questo pezzo finisce dritto sul mio tumblr 😉

  9. PatriziaBro ha detto:

    Tutti vorremmo una societa´perfetta, o piu´vicino possibile alla perfezione.E´per questo che critichiamo chiunque, perche´i poveri sono troppo poveri e i ricchi sono troppo ricchi, perche´chi lavora, lavora troppo e chi non lavora, non lavora.Vorremmo pagare i politici (il meno possibile ovviamente) perche´creassero un mondo in cui si sta tutti bene, si lavori facendo quello che ci piace, si abbia tanto tempo libero per fare quello che si vuole, sempre in salute, se possibile, e se no lo stato dovrebbe tamponare tutti i malesseri e farci vivere per sempre o quasi…Se no mannaggia alla classe politica…che invariabilmente europea o americana o asiatica o vattelapesca prima pensa a se´poi ai suoi famigliari, poi agli amici e poi quando ha esaurito tutti i pensieri pensa anche al povero diavolo perche´questo e´colui che gli paga lo stipendio e gli da´i poteri per pensare ai famigliari ed agli amici…ma magari nel frattempo i soldi sono finiti e la societa´non puo´essere perfetta, ma in fondo chi vuole una societa´perfetta?

  10. Libertarian ha detto:

    Non per questo bisogna tollerare senza dir nulla che un migliaio di parassiti sociali controllino oltre la metà della ricchezza di un paese, causino la disoccupazione e l'instabilità finanziaria e l'inflazione, etc. Ci sono tanti problemi che si potrebbero evitare con una visione più realistica della politica: siamo ostaggio di demagoghi e bisogna fare qualcosa per limitare i danni.

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